Terremoto in Abruzzo

Data:
13 Ottobre 2023

Per quattro mesi – quattro lunghi mesi – un susseguirsi di piccoli eventi sismici interessa il territorio aquilano. La sequenza aveva preso il via nei primi mesi di quell’anno, era il 2009. Poi arriva aprile.

Alle 3:32 del 6 aprile, la terra in Abruzzo trema. Di nuovo e con ancora più potenza. Questa volta per L’Aquila e i territori limitrofi è la devastazione.

In piena notte il silenzio della città addormentata viene interrotto bruscamente da un boato seguito da una scossa che sembra non finire mai.

Il terremoto avviene a poco meno di 9 chilometri di profondità e i sismografi registrano una magnitudo 5.9 della scala Richter. Gli effetti sono dirompenti.

Il terremoto porta con sé un pesante carico di morte e distruzione: 309 vittime, 1.600 feriti e circa 80.000 sfollati.

In via XX Settembre quella notte riposano nei propri letti anche i ragazzi che vivono nella “Casa dello Studente”. Provengono da diverse parti di Italia e da altri Paesi, un insieme di lingue ed esperienze differenti con in comune il sogno di una laurea e tanti progetti per il futuro.

Per sette di loro e per il giovane vigilante dello stabile quei sogni finisco la notte del 6 aprile.

L’edificio che li ospita e che avrebbe dovuto proteggerli è stato progettato male. Come proveranno le perizie del Tribunale Penale de L’Aquila, negli anni, ne è stata modificata la destinazione d’uso senza adeguare la struttura alle nuove necessità. Ma non solo, si scoprirà che neppure dalle ristrutturazioni successive viene messo in sicurezza e, anzi, viene profondamente modificato rispetto al progetto originario. Il palazzo, in sostanza, non è in grado di reggere alle forze orizzontali provocate dal sisma e, alle 3:32 di quella maledetta notte, collassa.

Il sisma non termina di fare danni con il passare delle ore. La terra continua a tremare anche nei giorni successivi: il 7 e il 9 aprile si registrano ancora due scosse oltre magnitudo 5, ma saranno circa 5.000 quelle che seguiranno nell’arco di un mese dall’evento principale.

Ad essere più duramente colpite sono L’Aquila e la frazione di Onna.

Il capoluogo abruzzese subisce ingenti danni alle strutture pubbliche e private, oltre che ai suoi beni artistici e culturali. Una fragilità determinata non solo dalle caratteristiche geologiche del terreno ma anche dall’inadeguatezza del patrimonio abitativo: gli edifici della città sono, per la gran parte, storici e vulnerabili. Era passato un secolo dall’ultima volta che una città italiana aveva subito una simile distruzione: quando nel 1908 un terremoto aveva distrutto Messina.

La macchina dei soccorsi, questa volta però, si muove rapida e compatta. Il Sistema nazionale di Protezione Civile è pronto e risponde alla chiamata.

A meno di un’ora dall’evento si riunisce l’Unità di Crisi del Dipartimento della Protezione Civile che invia sul posto un gruppo di tecnici per effettuare i primi rilievi sismici della zona, mentre due squadre si recano a L’Aquila per supportare le autorità locali.

La situazione è grave e occorre organizzare rapidamente il coordinamento nazionale sul posto.

Alle 4:40 viene convocato il Comitato Operativo di Protezione Civile che riunisce i vertici di tutte le amministrazioni e le strutture coinvolte nella gestione dell’emergenza. Lo presiede l’allora Capo del Dipartimento, Guido Bertolaso.

Intanto con un decreto, il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara lo stato di emergenza, che rimarrà aperto fino ad agosto 2012, nominandone Commissario delegato lo stesso Bertolaso.

Immediatamente a L’Aquila si costituisce anche la Direzione di Comando e Controllo che è l’organo di coordinamento dell’emergenza. Vengono attivate le colonne mobili regionali e da tutto il Paese convergono in Abruzzo le squadre di soccorso.

Sono trascorse solo quarantotto ore dal terremoto e sul posto sono giunti in forze i Vigili del fuoco, le Forze armate e le Forze di polizia, la Croce rossa italiana, e ben 4.300 Volontari della Protezione Civile con più di 100 unità cinofile. In totale interverranno in Abruzzo 9.000 Volontari di Protezione Civile.

Appare subito chiaro che la prima emergenza è il soccorso alla popolazione. Occorre garantire agli sfollati una sistemazione adeguata e sicura. Anche chi tra loro non ha avuto la casa distrutta dal sisma non può rientrare nella propria abitazione; è troppo pericolo e la maggior parte degli edifici risulta danneggiato e non agibile.

Nell’arco di due giorni vengono allestite trenta aree d’accoglienza per dare assistenza a quasi 18.000 persone e resi disponibili oltre 10.000 posti letto in case private e alberghi. Protezione Civile attiva rapidamente anche più di venti cucine da campo che distribuiscono migliaia di pasti ogni giorno.

La strutturazione dei campi d’accoglienza è un lavoro complicato: rapidamente vengono allestiti gli allacciamenti alla rete elettrica, idrica e fognaria in luoghi sicuri, lontani da edifici che potrebbero crollare e dove generalmente non esistono infrastrutture per la permanenza di lungo periodo di migliaia di persone.

Vengono montate le tende, per ospitare sia la popolazione locale sia i Volontari.

Ci si occupa innanzitutto di questo e da lì in poi, per l’intera durata dell’emergenza, squadre di Protezione Civile si susseguono, senza soluzione di continuità, per la gestione dei campi e la distribuzione dei beni di necessità donati ai terremotati.

Un lavoro quotidiano per la popolazione e tra la popolazione, che mette alla prova i Volontari fisicamente ed emotivamente.

Dario Pasini, presidente CCV-MI:

L’Aquila 2009, un’emergenza che ha segnato il percorso della Protezione Civile nella città metropolitana di Milano, avviene un momento storico in cui la provincia di Milano si separa dalla provincia di Monza, in un momento in cui le attrezzature, gli automezzi rimangono tutti ad Agrate Brianza nella provincia di Monza. Nonostante ciò, il volontariato milanese, con le istituzioni milanesi, continuano questa emergenza per sei mesi, alternando tantissimi volontari che il venerdì sera si mettono in viaggio verso L’Aquila e il sabato sera della settimana successiva rientrano a casa, stando in missione una settimana. Per sei mesi gestiamo la cucina e il campo di supporto alla popolazione di Monticchio II, il secondo  campo allestito della Regione Lombardia, conoscendo tantissime persone, immedesimandosi nelle loro disgrazie, supportandoli per quanto potevamo fare, tessendo relazioni ed amicizie, conoscendo funzionari, dirigenti anche di altre regioni, di altri enti locali. Tutto questo porta un valore aggiunto al nostro sistema, perché è l’inizio di un nuovo percorso di fare Protezione Civile, un nuovo percorso per fare squadra e nonostante le difficoltà, soprattutto dei primi giorni, ci rimbocchiamo alle maniche e proviamo a dare un minimo di conforto a delle persone che avevano perso tutto.

Personalmente ho fatto tre missioni a L’Aquila per tre settimane nei sei mesi, alternandomi a volte anche con missioni toccata e fuga. Ho imparato tantissimo ad apprezzare l’entusiasmo, l’energia e la voglia di fare del volontariato di ogni provincia lombarda: abbiamo lavorato con i volontari di Sondrio, di Cremona, di Brescia, tutte le altre provincie. Un’esperienza veramente fantastica nella propria drammaticità.

L’emergenza in Abruzzo ha dimostrato l’importanza dell’organizzazione e della tempestività dei soccorsi ma anche della loro organizzazione. Protezione Civile in quei tragici mesi del 2009 si dimostra cresciuta negli anni.

Ultimo aggiornamento

13 Ottobre 2023, 20:24